Nel 1994, quando gli Stati Uniti ospitarono per la prima volta la Coppa del Mondo FIFA, il calcio era ancora uno sport marginale nella cultura sportiva americana. Con una base di appassionati frammentata e priva di una lega professionistica stabile — la NASL era crollata nel 1984 — molti si chiedevano se un evento così globale potesse davvero mettere radici in una nazione dominata da football, baseball e basket.
Tuttavia, il Mondiale del ’94 fu un successo clamoroso. Con oltre 3,5 milioni di spettatori negli stadi — ancora oggi un record assoluto per la competizione — gli Stati Uniti dimostrarono un potenziale nascosto: quello di un pubblico curioso, giovane e sempre più eterogeneo, pronto a lasciarsi affascinare dal gioco più popolare del mondo.
La nascita della MLS.
Come eredità diretta del Mondiale, nel 1996 nacque la Major League Soccer (MLS). I primi anni furono difficili: scarso seguito, stadi vuoti, poche star e difficoltà finanziarie. Ma con pazienza e una visione di lungo periodo, la lega cominciò a costruire le fondamenta del futuro. L’arrivo di David Beckham nel 2007, ai Los Angeles Galaxy, fu un momento simbolico: una superstar globale che abbracciava il progetto americano. Seguì un progressivo afflusso di nomi noti — Thierry Henry, Kaká, David Villa, Zlatan Ibrahimović — che attrassero attenzione mediatica e spettatori.
Parallelamente, la costruzione di stadi dedicati al calcio e l’espansione della lega (da 10 a oltre 30 squadre) portarono stabilità e crescita. Le tifoserie locali, come quelle di Seattle, Portland, Atlanta e Austin, cominciarono a creare un ambiente vibrante, passionale, in stile europeo o sudamericano, ma con un tocco tipicamente americano.
Il boom generazionale e culturale
Negli anni 2010, il calcio negli Stati Uniti smise di essere solo uno “sport per bambini” o per comunità di immigrati. Il numero di tesserati giovanili esplose, specialmente tra le ragazze — spinte anche dal dominio della nazionale femminile, vincitrice di quattro Mondiali. Le partite europee cominciarono a essere trasmesse regolarmente in TV e in streaming, dando vita a una nuova generazione di tifosi di Premier League, Liga e Champions League.
La cultura calcistica americana cominciò a prendere forma anche nei media, nella musica e nella moda. Calciatori come Christian Pulisic, Weston McKennie e Tyler Adams si affermarono in Europa, dando alla nazionale una nuova credibilità internazionale. E i tifosi iniziarono ad affollare pub all’alba per vedere il derby di Manchester o una finale di Champions.
Verso il futuro: il Mondiale per Club 2025 e il Mondiale 2026
Il 2025 segna un’altra tappa fondamentale: gli Stati Uniti ospitano la nuova edizione allargata del Mondiale per Club FIFA, che vedrà protagonisti i migliori club del mondo in un torneo mai così competitivo. Sarà un banco di prova importante: dal punto di vista organizzativo, sportivo e culturale. È il preludio perfetto al Mondiale 2026, che gli USA co-organizzeranno con Canada e Messico, e che rappresenta la consacrazione definitiva del paese come nazione calcistica.
Dal 1994 al 2025, il calcio negli Stati Uniti ha compiuto un viaggio straordinario. Da sport considerato “straniero”, ha conquistato uno spazio crescente nel cuore degli americani. La crescita non è stata esplosiva, ma costante, strutturata e, soprattutto, culturale. Oggi il calcio è parte del tessuto sportivo americano: non più solo un’alternativa, ma una scelta identitaria per milioni di giovani, tifosi e famiglie.
Il Mondiale per Club del 2025 sarà un ulteriore passo verso la maturità. Ma il vero successo è già evidente: gli Stati Uniti non stanno solo ospitando il calcio. Lo stanno facendo proprio.